Quante volte abbiamo chiesto, rivolgendoci a qualcuno che compie un’azione in modo ripetitivo e senza pensarci: “hai inserito il pilota automatico?”. Il “grande equivoco”, nel pensare che utilizzare il pilota automatico in regata sia una sorta di “scorciatoia”, deriva probabilmente da questo modo di dire e da ore e ore passate a navigare in crociera, senza troppo badare alla performance.
Non potremmo essere più distanti dalla realtà, ma non avendo mai avuto l’occasione di navigare in solitario con 30 nodi di vento e il buio pesto, forse siamo perdonati.
“L’idea che il pilota automatico sostituisca l’uomo in navigazione – spiega infatti Alberto Bona – è un po’ riduttiva, ed è soprattutto lontana da quello che è l’attuale trend di conduzione di una barca. L’equivoco nasce dal fatto che si pensa sempre al timonare come l’elemento principe della navigazione, come la tecnica fondamentale e principale, senza tenere conto di tutti gli elementi del sistema complesso”.
Questo sistema complesso potrebbe sembrare un concetto difficile da comprendere, ma la risposta risulta evidente quando vento e onda sferzano la barca, quando il buio pesto non ti fa vedere fino alla prua e quando il velista di braccia dovrebbe averne almeno sei per far tutto. Ecco, in quelle condizioni, affidare l’andatura al pilota automatico significa, sostanzialmente, programmare un sistema elettronico affinché sia in grado di effettuare le scelte di rotta necessarie per mantenere un trend di velocità, o di direzione. Come dire che la mano del pilota automatico va programmata ogni volta: “gli va letteralmente insegnato, programmando una centralina anche per ore consecutive – spiega Bona – come timonare in quella specifica situazione”.
E siccome il pilota automatico ha la mano, ma non gli occhi e quindi non “vede” le onde, gli ostacoli e i rinforzi del vento spetta allo skipper istruirli. “Ci sono condizioni in cui il pilota automatico sostituisce perfettamente l’uomo, condizioni in cui naviga meglio del velista e altre condizioni in cui non è (ancora) così bravo. La tendenza – e lo si vede dalle barche più grandi, come gli IMOCA o i trimarani – è quella di affidare sempre di più il timone al pilota automatico, per dedicarsi a tutto il resto delle attività. Più i timoni automatici diventeranno performanti e più questo trend attecchirà nelle diverse classi. È chiaro che in una regata inshore il timone è in mani umane, ma non appena le distanze si moltiplicano e si dilatano i tempi di scelta delle manovre, i timoni vanno affidati agli strumenti e i velisti si concentrano sulla tattica, sulle manovre, sul meteo e anche sul riposo, per affrontare meglio le situazioni e le scelte successive”.
“Il timone automatico non è una scorciatoia: come tutte le automazioni, è un supporto, ed essendo altamente tecnologico, è un supporto che bisogna conoscere bene per programmare, utilizzare e ottenerne il meglio, soprattutto in regata” – conclude Bona.